...che nulla vada "perduto"!

TIEF riparte da qui.


Il blog si rianima. Quest'articolo di presentazione, pubblicato sul CVM-Flash di Giugno 2010, scritto a più mani dall'instancabile redazione, sarà il primo post dopo il lungo inverno. L'articolo lascia irrisolte numerose questioni. A voi l'ardua sentenza..non vi trattenete! Un ringraziamento sincero a tutti quelli che in un modo o nell'altro continuano a sostenere questo ardimentoso impegno. E a tutti un invito a lasciarsi coinvolgere un pò di più perchè...
"c'è bisogno soprattutto d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto".
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Buona lettura!



TIEF - CHE NULLA VADA "PERDUTO": Siamo un’associazione giovanile nata da pochi mesi che fa dei valori del volontariato e dell’impegno sociale la sua bandiera e racchiude in se l’entusiasmo delle nuove generazioni per un nuovo modo di agire e di partecipare all’interno della nostra società, un modus operandi estraneo alle logiche predominanti e incentrato sul volontariato, sulla solidarietà, sulla gratuità del servizio, sul multiculturalismo e l’integrazione.
In realtà il TIEF nasce da esperienze piuttosto concrete: il “collante” che ci ha uniti e ci ha spinto a formare l’associazione è stata un’esperienza comune , un viaggio che tutti noi, chi prima chi dopo, abbiamo fatto in Etiopia tramite il CVM.
Un viaggio in un altro continente è sempre un’esperienza formidabile e lo è ancor di più se chi lo vive lo fa nella prospettiva dell’arricchimento interiore e culturale, con la volontà dello scambio reale tra due culture.

Una volontà, questa, che ognuno di noi ha ereditato dalla forza di quest’esperienza e che può essere coltivata e trasmessa ad altri. Il percorso per fare questo è, come tutti i percorsi più significativi, arduo e colmo di difficoltà. I valori ai quali ci appelliamo sono valori che vanno contro logiche predominanti e proprio per questo vanno alimentati con costanza e perseverazanza per non andare irremediabilmente perduti, come il Tief, il cereale etiope da cui nasce il nostro nome: noto per la sua fragilità, cresce adunco e ricurvo e ha bisogno di molte cure. Per quelli che non lo sanno l'injera, il tipico pane etiope, è preparata con il Tief, che cresce sugli altipiani. E’ il più piccolo grano al mondo. Se ne può tenere in mano un numero sufficiente a seminare un intero campo, e spesso si perde nel processo di raccolta e di trebbiatura a causa della sua dimensione. Dall'amharico si traduce in "perduto", a significare appunto l’ estrema facilita che il seme finissimo scivoli tra le dita e vada appunto perduto.

Così siamo partiti, gettando piccoli semi, con molta umilità, prefiggendoci
volta per volta piccoli risultati. Ad esempio, all’assemblea costitutiva non avremmo raggiunto gl’obbiettivi legali per registrare l’associazione se non avessimo fatto appello alla nostra creatività, a una piccola dose di disperazione, e a fantasiosi espedienti…Abbattuto l’ostacolo delle ormai note complicazioni burocratiche e quello delle distanze tra i componenti del nostro gruppo, sotto la guida del nostro primo presidente nero l’avvenire ci sembra in discesa. (Ci sembra!).

Nel concreto abbiamo grandi idee ma pochi spiccioli, quindi stiamo dedicando larga parte del nostro operato a progetti di auto-finanziamento, attraverso i quali stiamo affinando le nostre capacità organizzative e progettuali.
La nostra prima assemblea si è svolta a novembre, parallelamente a quella del CVM e siamo rimasti piacevolmente sorpresi della nutrita partecipazione, anche da parte di persone finora esterne alla vita dell’associazione. In questa occasione abbiamo deciso insieme su quali idee investire i nostri futuri sforzi. L’evento è stato quindi importante per promuovere la nostra piccola realtà all’interno di un contesto più ampio. La praticità delle questioni affrontate non ci ha comunque distolto dagli scopi primari del nostro fare. Non sono mancati momenti di riflessione: lo spunto è nato dalla condivisione dell’esperienza di Dessale sul suo recente viaggio in Etiopia.

Le questioni fondamentali alle quali ci sembra importante porre attenzione riguardano il mondo del volontariato, in particolare quelle legate all’etica e alla filosofia che sta dietro al lavoro di una ONG o di una ONLUS. Questioni fondamentali, per chi come noi vuole intraprendere un processo di formazione, e autoformazione, legato a questo mondo di cui si parla tanto ma si conosce realmente poco. Sono molte le difficoltà che si possono incontrare, sono molti i dubbi e le questioni che ci balsano alla mente quando intraprendiamo un percorso di questo tipo: qual è la forma di volontariato più corretta? Quale la meno invasiva dal punto di vista culturale? Siamo realmente in grado noi, portatori di una cultura dominante (almeno nella nostra mente) di mediare il nostro punto di vista con quello di gente che ha altre radici, altre usanze, che abbraccia valori diversi dai nostri?
I dubbi sono legittimi e la difficoltà è reale.

Siamo sicuri che tutti si siano posti queste domande mentre erano in viaggio. Siamo partiti tutti con i migliori propositi, trascinati dalla classica Sindrome del Missionario: inconsapevolmente assuefatti dalla presunzione che le nostre conoscenze e quelle che nascono dal viaggio ci pongano in una posizione privilegiata per prendere parte al processo di cambiamento.
Ma ben presto sbattiamo in faccia alla realtà. Bastano pochi giorni per rendersi conto che è necessario abbattere tutte le proprie convinzioni per guardare a quella nuova realtà da un’altra prospettiva: Per fare un esempio,quando inorridiamo difronte alla vista di un bambino etiope che fa lo sciuscià (lustrascarpe),ricordiamo i nostri sciuscià,considerati gli ultimi tra gli ultimi; vediamo in questi bambini l’ingiustizia della povertà che li costringe alla vita di strada e a quel lavoro per noi così infimo; proviamo un forte senso di disagio e rifiutiamo di acconsentire a quella pratica usufruendone anche noi.
Dovremmo pensare allora che per alcuni bambini è una delle poche prospettive di vita, costretti dalla fame a svolgere quel tipo di mansioni. Un etiope ti direbbe che non devi provare disagio, ma anzi pagandolo per il servizio contribuisci al sostentamento della sua famiglia. Rimane pur sempre un’ingiustizia, resa inevitabile dal contesto.
La totale diversità della cultura e dei valori di riferimento possono certamente smorzare gl’entusiasmi e farci sentire “inadeguati” ad un incontro così delicato come quello tra due mondi, tra due differenti culture. Noi crediamo tuttavià, che sia importante conservare l’entusiasmo iniziale, poiché senza di esso non riusciremmo a superare il senso di impotenza e a dedicarci a una sfida così grande. Alcune questioni vanno affrontate senza riserve, con entusiasmo e curiosità per riuscire a capirci e a capire l’altro, rendendo l’incontro più ricco e profiquo per tutti. Quell’incontro che è inevitabile nella nuova società globale. Non possiamo fingere che il problema non ci riguardi e non bisogna andare in africa per vederlo: fa parte della nostra quotidianità e, in italia lo sappiamo bene; l’incontro, in questa quotidianità se non protetto, se non tutelato, può trasformarsi in odio e in tragedia.

Citando il nostro statuto, TIEF si impegna ad applicare e promuovere l’arte dell’incontro, del dialogo, dell’ascolto, della relazione “mettendo le scarpe” dell’altro con cui camminare verso una migliore qualità del vivere insieme. Su questa e sulle altre questioni che abbiamo citato (impatto del volontariato, corretta modalità di intervento, solidarietà e non carità, immigrazione - integrazione) si incentreranno le future attività del TIEF e saremmo interessati a ricevere vostre testimonianze e riflessioni, non solo da chi il volontariato lo vive quotidianamente da anni.
- REDAZIONE TIEF -

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